Testimonianza scritta del Gen. dell'ARMIR Giovanni Messe:E così i nostri Comandi mandano in prima linea una divisione. Mi ero ripromesso di non scrivere che delle note, delle note-ricordo, per poter aiutare la memoria a riandare al tempo trascorso; senza esprimere opinioni, fare critiche, giudicare. Ma non ne posso più! Non ho paura che questi quaderni vadano in mano ad altri; non ho paura di dire che chi manda avanti una divisione nello stato in cui si trova la nostra, senza mangiare, colle scarpe rotte, le uniformi a brandelli, senza munizioni, che le munizioni sono sugli autocarri fermi senza benzina a 200 Km, quel tale è un assassino.La situazione in fatti è quasi tragica. Noi siamo quel che siamo, si sa: carri armati nessuno, artiglierie? Quelle di anteguerra e senza munizioni; armi individuali, il fucile 91, il moschetto 91: 50 anni di vita. I tedeschi quando vedono i nostri fanti con quella specie di alabarda, ridono di cuore.E, quantunque ciò faccia venire i nervi, non si può negare che abbiano ragione, di ridere. Ma il Duce dice che in guerra è lo spirito quello che conta; è l'entusiasmo quello che vince. Per tenere su questo spirito, e rinfocolare l'entusiasmo, si lasciano i soldati quasi senza mangiare, senza indumenti di lana, colle scarpe rotte, i pantaloni a pezzi. Io parlo coi soldati, vivo la loro vita, li ascolto. Bisogna fare un monumento al soldato italiano, al suo spirito di sacrificio: bisogna meravigliarci, dico meravigliarci, che non succeda qualcosa di molto grave. Perchè sarebbe una cosa assai logica se qualche soldato si rifiutasse di marciare: noi aspettiamo che un reggimento sia accerchiato per far giungere le munizioni al di là del Dnieper, che qualche decina di soldati, molte decine, siano congelati per far giungere dall'Italia qualcosa che li difenda dal freddo.