Nato
il 21 luglio 1899 a Oak Park, Illinois, USA, Ernest Hemingway è lo
scrittore simbolo del Novecento letterario, colui il quale ha saputo
rompere, con una certa tradizione stilistica, riuscendo ad
influenzare successivamente generazioni intere di scrittori.
Appassionato
di caccia e pesca, istruito dal padre, proprietario di una fattoria
nei boschi del Michigan, fin da piccolo impara a praticare diversi
sport, fra i quali è inclusa la violenta e pericolosa boxe: un'attrazione per le emozioni forti che non abbandonerà mai
Hemingway e che rappresenta il suo segno distintivo come uomo e come
scrittore.
INFANZIA
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E'
il 1917 quando comincia a maneggiare carta e penna, dopo essersi
diplomato, lavorando come cronista al "Kansas City Star".
L'anno dopo, non potendo, a causa di un difetto all'occhio sinistro,
arruolarsi nell'esercito degli Stati Uniti appena scesi in guerra,
diventa autista di autoambulanze della Croce
Rossa
e
viene spedito in Italia sul fronte del Piave.
Ferito gravemente l'8 luglio del 1918 a Fossalta di Piave, mentre sta
salvando un soldato colpito a morte, viene ricoverato in ospedale a
Milano, dove s'innamora dell'infermiera Agnes Von Kurowsky. Dopo
essere stato decorato al valore
militare, nel 1919 torna a casa.
PERIODO IN ITALIA
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Nonostante
sia accolto come un eroe, la sua natura irrequieta e perennemente
insoddisfatta non lo fa sentire comunque a posto. Si dedica alla
stesura di alcuni racconti, del tutto ignorati da editori e
dall'ambiente culturale. Scacciato di casa dalla madre che l'accusa
d'essere uno scapestrato, si trasferisce a Chicago dove scrive
articoli per il "Toronto Star" e "Star Weekly".
Ad una festa conosce Elizabeth Hadley Richardson, più grande di lui,
alta e graziosa. I due s'innamorano e nel 1920 si sposano,
progettando di andare a vivere in Italia. Ma lo scrittore Sherwood
Anderson, già allora famoso per "I racconti dell'Ohio",
guardato come modello da Hemingway, lo spinge verso Parigi, capitale
culturale di allora, dove la coppia si trasferisce. Naturalmente, lo
straordinario ambiente culturale lo influenza enormemente,
soprattutto a causa del contatto con le avanguardie, che lo spingono
ad una riflessione sul linguaggio. Intanto,
nel 1923 nasce il primo figlio, John Hemingway e l'editore McAlmon
pubblica il suo primo libro, "Tre racconti e dieci poesie",
seguito l'anno dopo da "Nel nostro tempo", elogiato dal
critico Edmund Wilson e da un poeta
importante
come Ezra Pound.
Nel 1926 escono libri importanti come "Torrenti di primavera"
e "Fiesta", tutti grandi successi di pubblico e di critica,
mentre l'anno dopo esce, non senza prima aver divorziato, il volume
di racconti "Uomini senza donne".
PRIMA MOGLIE
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Nel
1928 eccolo di nuovo ai piedi dell'altare per sposare
la bella Pauline Pfeiffer, ex redattrice di moda di "Vogue".
I due fanno poi ritorno in America, mettono su casa a Key West,
Florida e danno alla luce Patrick, il secondo figlio di Ernest. Nello
stesso periodo il turbolento scrittore porta a termine la stesura di
"Addio alle armi".
Purtroppo, un evento davvero tragico arriva a sconvolgere il
tranquillo trend di casa Hemingway: il padre, affetto
da un male incurabile, si uccide sparandosi alla testa. Fortunatamente,
"Addio alle armi",
viene salutato con entusiasmo dalla critica e gratificato da un
notevole successo commerciale.
I
vari incidenti, il fisico muscoloso, il carattere da attaccabrighe,
la predilezione per le grandi mangiate e le formidabili bevute lo
rendono un personaggio unico dell'alta società internazionale. E'
bello, duro, scontroso e, nonostante sia poco più che trentenne, è
considerato un patriarca della letteratura, tanto che cominciano a
chiamarlo "Papa"."I quarantanove racconti", pubblicato nel 1938, resta
tra le opere più straordinarie dello scrittore.
SECONDA MOGLIE
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TERZA E QUARTA MOGLIE
E'
il 1940 quando divorzia da Pauline e sposa Martha. La casa di Key
West resta a Pauline e loro si stabiliscono a Finca Vigía, Cuba. Conosce
un'attraente bionda del Minnesota, Mary Welsh, giornalista del "Daily
Express", e comincia a corteggiarla, soprattutto in versi,
circostanza davvero inaspettata.
Nel
1945, dopo un periodo di rimproveri, divorzia da Martha e nel 1946
sposa Mary, quarta e ultima moglie. Due anni più tardi trascorre
parecchio tempo in Italia, a Venezia.
Si
rifà due anni dopo con "Il vecchio e il mare",
un romanzo breve, che commuove la gente e convince la critica,
raccontando la storia di un povero pescatore cubano che cattura un
grosso marlin (pesce spada) e cerca di salvare la sua preda
dall'assalto dei pescecani. Pubblicato in anteprima su un numero
unico della rivista Life, vende cinque milioni di copie in 48 ore.
Vince il Premio Pulitzer.
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AFRICA
Nel
1953 Hemingway va
in Africa, con Mary. Ha un incidente aereo mentre si recano nel
Congo. Hemingway,
Mary e il pilota
rimangono isolati e si sparge nel mondo la notizia della morte dello
scrittore. Fortunatamente si mettono in salvo quando trovano una
barca: si tratta
della barca affittata tempo prima al regista John
Huston per
le riprese del film "La regina d'Africa". Decidono di
mettersi in viaggio su un piccolo aereo, ma durante il decollo il
velivolo cade e s'incendia. Mary se la cava ma lo scrittore viene
ricoverato per
trauma grave e
danni in varie zone del corpo. Nel
1954 gli viene conferito il Premio Nobel
per
la letteratura, ma rinuncia ad andare a Stoccolma per riceverlo di
persona essendo assai provato dalle ferite riportate nei due
incidenti aerei.
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MORTE
Non
riesce a scrivere. Debole, invecchiato, malato si ricovera in una
clinica del Minnesota. Nel 1961 compra una villa a Ketchum, Idaho,
dove successivamente
si
trasferisce. Profondamente
depresso perché pensa di non riuscire più a scrivere, la mattina di
domenica 2 luglio si alza, prende il suo fucile e appoggia la doppia
canna alla fronte per poi spararsi.
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IL VECCHIO E IL MARE
Santiago,
un vecchio pescatore cubano, da due mesi e mezzo esce per mare e
torna a mani vuote e la sua reputazione è così compromessa che
perfino i genitori del suo apprendista, il giovane Manolin,
vogliono che il figlio presti servizio presso pescatori più abili e
fortunati. Ma il ragazzo è molto affezionato a Santiago e continua a
frequentarlo, aiutandolo con le reti e le provviste e conversando con
lui di vari argomenti. Un giorno Santiago decide di mettere fine agli
esiti negativi delle sue battute di pesca e si risolve ad
avventurarsi da solo più lontano del solito, in mare aperto: i suoi
sforzi vengono ricompensati, infatti abbocca all’amo un gigantesco
marlin.
Tra il vecchio pescatore e la sua preda inizia una
lunga battaglia che andrà avanti per quasi tre giorni:
il marlin per liberarsi tira la barca verso di sé e Santiago, negli
sforzi per trattenerlo, si ferisce più volte finché, allo stremo
delle forze, riesce ad attirare il pesce verso lo scafo e lo finisce
con un arpione. Ma sulla via del ritorno il pesce lascia dietro di sé
un’abbondante scia di sangue che attira gli
squali:
Santiago ne uccide molti ma, quando la barca giunge finalmente in
porto, del marlin non restano che pochi brandelli. Stremato e
arrabbiato con se stesso per
essersi
spinto troppo lontano e aver sacrificato un “avversario” così
formidabile come il marlin, Santiago torna alla sua capanna e si
addormenta. Il giorno dopo una folla di pescatori si riunisce
esterrefatta intorno alla sua barca, ammirando la grande carcassa del
pesce ancora attaccata allo scafo. Manolin, preoccupato per la sorte
del suo vecchio amico, tira un sospiro di sollievo quando lo trova in
casa che dorme. Il giovane porta a Santiago il caffè e i giornali e
i due decidono di tornare ad essere compagni di pesca.
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Brano tratto dal libro
"Buona
fortuna" disse il vecchio. Adattò gli stroppi dei remi agli
scalmi e sporgendosi avanti a spingere le pale nell'acqua, incominciò
a remare al buio per uscire dal porto. Vi erano altre barche che
prendevano il mare da altre spiagge e il vecchio udiva i tuffi e i
colpi di remo pur non vedendoli ora che la luna era sotto le colline. A
volte, in una barca, qualcuno parlava. Ma quasi tutte le barche erano
silenziose eccettuato il tuffo dei remi. Si allontanarono le une
dalle altre appena uscite dall'imboccatura del porto e ciascuna si
avviò in quella parte di oceano in cui sperava di trovare pesci. Il
vecchio intendeva dirigersi al largo e si lasciò l'odor della terra
alle spalle e remò nel fresco odor dell'oceano del primo mattino.
Vide la fosforescenza delle alghe del Golfo nell'acqua mentre remava
in quella parte dell'oceano che i pescatori chiamavano il gran pozzo
perché vi era un salto improvviso di più di mille metri in cui si
adunavano pesci di ogni genere a causa del mulinello creato dalla
corrente contro le pareti ripide del fondo dell'oceano. Si
concentravano qui gamberetti e pesci da esca e a volte frotte di
calamari nelle buche più profonde, che la notte salivano alla
superficie a far da nutrimento a tutti i pesci che passavano. Nell'oscurità
il vecchio sentì giungere il mattino e mentre remava udì il suono
tremolante dei pesci volanti che uscivano dall'acqua e il sibilo
fatto dalle rigide ali tese mentre si allontanavano librate nel buio.
I pesci volanti gli piacevano molto ed erano i suoi migliori amici,
sull'oceano. Pensò con dolore agli uccelli, specialmente alle
piccole, delicate sterne nere, che volavano sempre in cerca di
qualcosa senza quasi mai trovar nulla e pensò: "La vita degli
uccelli è più dura della nostra, tranne per gli uccelli da preda,
pesanti e forti. Perché sono stati creati uccelli delicati e fini
come queste rondini di mare se l'oceano può essere tanto crudele? Ha
molta dolcezza e molta bellezza. Ma può diventare tanto crudele e
avviene così d'improvviso e questi uccelli che volano, tuffandosi
per la caccia, con quelle vocette tristi, sono troppo delicati per il
mare". Pensava
sempre al mare come a la mar, come lo chiamano in spagnolo quando lo
amano. A volte coloro che l'amano ne parlano male, ma sempre come se
parlassero di una donna. Alcuni fra i pescatori più giovani, di
quelli che usavano gavitelli come galleggianti per le lenze e avevano
le barche a motore, comprate quando il fegato di pescecane rendeva
molto, ne parlavano come di el mar al maschile. Ne parlavano come di
un rivale o di un luogo o perfino di un nemico. Ma il vecchio lo
pensava sempre al femminile e come qualcosa che concedeva o rifiutava
grandi favori e se faceva cose strane o malvage era perché non
poteva evitarle. La luna lo fa reagire come una donna, pensò.